venerdì 1 novembre 2013

La nobile arte del racconto

Il web, per chi ama leggere, è una sorprendente miniera di perle letterarie di prim’ordine. Mi riferisco in modo particolare a testi di narrativa breve scritti da autori del tutto ignorati dall’industria editoriale ma che riescono ugualmente a crearsi un proprio pubblico dando vita a un blog.
Blogger scrittori, è così che amo definirli.
Uno di loro si chiama Alessandro Agrati e il suo blog ha per nome ‘‘Tuttology’’. Alessandro è un appassionato di modellismo capace anche di comporre struggenti poesie. Ma a catturare la mia attenzione sono stati i suo racconti, sin dal primo che lessi, ‘‘L’ultimo esperimento di Von Heisenberg’’, un gotico dalle tinte scure che, avvincendo, dà i brividi. Né mi sono lasciato sfuggire gli altri, intitolati ‘‘G’’, ‘‘Il templare nel cestino’’, ‘‘La puzza’’, ‘‘Il militante’’. Alcuni, poi, s’illuminano di brillante ironia. Leggete, per assaporala, ‘‘Colloquio di lavoro’’, ‘‘La morte dell’arte’’, ‘‘Nuovi arrivi’’, ‘‘Il genio e l’idiota’’.
Agrati possiede il dono di scrivere senza spocchia o intellettualismi da strapazzo, tenendosi sapientemente alla larga dalle capriole stilistiche dei letterati in sedicesimo. Il suo fraseggio scorre perciò gradevole agli occhi e all’orecchio del lettore.
Poiché sono più curioso di una vecchia pettegola da salotto, l’ho abbordato per rivolgergli alcune domande. Difficile del resto, per uno come me cui la narrativa breve piace molto, resistere alla tentazione di saperne qualcosa su un autore di racconti così seducenti.

Alessandro, da quanto tempo hai il blog?
Il mio blog è nato nel 2010.

Tuttology, titolo simpatico, come ti è saltato in mente?
In origine voleva essere un blog collettivo a cui dovevano partecipare altri miei amici, e avremmo dovuto scrivere di vari argomenti, ecco quindi spiegato il nome del blog nonché quello dell’account. Poi il progetto iniziale è venuto meno e sono rimasto io a scrivere quello che mi passava per la testa. Il mio interesse per la scrittura risale più o meno a quel periodo, avevo scritto due racconti e messo a punto un progetto per un romanzo, ora accantonato.

Parlami del tuo apprezzamento per la narrativa breve. Non hai troppa simpatia per i romanzi fiume, vero?
Non sbagli quando dici che preferisco il racconto breve al romanzo lungo. Personalmente ho una mia teoria sulla scrittura (come tutte le cose personali opinabilissima). A mio parere infatti esistono scrittori che hanno bisogno di molte pagine per far emergere la loro capacità di raccontare, giocando magari con le parole e descrivendo innumerevoli situazioni. Altri invece restano concentrati su un determinato concetto e riescono a esprimerlo bene in poche pagine. Io mi colloco in questa seconda categoria, pur senza ritenerla superiore all’altra: bisogna saperlo scrivere un romanzo, bisogna essere bravi anche a narrare le scene più lente e meno significative che congiungono gli avvenimenti importanti. In parole povere, esiste chi è più bravo a scrivere romanzi e chi se la cava meglio col racconto breve. Si dice che la sintesi sia sorella del talento, e io lo spero vivamente, perché i miei racconti in genere non raggiungono le dieci pagine!

Sbaglio o tra i tuoi scrittori preferiti primeggia Dino Buzzati?
Hai fatto centro con Buzzati, è uno degli scrittori che ha colpito maggiormente il mio immaginario, a mio parere lo si può considerare il Kafka italiano, per il suo modo di porti di fronte all’inquietudine nascosta nelle cose di tutti i giorni. Leggere mi piace molto, e dalla lettura traggo anche alcuni spunti per i racconti. Sono un lettore onnivoro, leggo dai classici alla narrativa di genere (fantasy, fantascienza, eccetera), qualche saggio ogni tanto e qualche ‘‘graphic novel’’.

E ora l’ultima domanda, la più indiscreta. Quale rapporto c’è tra te (il tuo lavoro, la tua città) e i tuoi racconti?
Avrai notato che, pur senza citare una città specifica, alcuni miei racconti sono ambientati in una metropoli che ricorda molto la mia Milano. Sicuramente si può dire che nutro un grande affetto per questa città, pur essendo conscio di quanto sia difficile per molti amarla. Non dispone di paesaggi mozzafiato, che colpiscono subito la vista, ma è fatta di tante vie e tante case che hanno storie da raccontare a chi le sa ascoltare. A Milano vivo da qualche anno per conto mio, dopo aver lasciato l’amato/odiato nido genitoriale alla tenera età di trent’anni... Di mestiere faccio l’impiegato in un ufficio sinistri (come Fantozzi!) di un noto grande gruppo assicurativo italiano, arrotondando lo stipendio con qualche collaborazione occasionale a siti dove pagano per scrivere articoli pubblicitari. Pur essendo un lavoro stressante, non è organizzato su turni e mi lascia abbastanza tempo libero. Tempo che dedico, tra le altre cose, alla scrittura, ovviamente quando ho un po’ di ispirazione.

Bene, Alessandro, non mi rimane che augurarti, e augurarmi per il mio egoistico piacere, che l’ispirazione ti venga spesso e rigogliosa.



4 commenti:

  1. la discquizione che poni in in rilievo, narrativa lunga o corta, periodi brevi o lunghi, è un falso problema o se vuoi una polemica di retroguardia, cioè inesistente. Uno se ha qualcosa da esprimere non deve avere dei riferimenti che vanno a scapito della narrazione, non esistono metri, neanche metodi, per questo aborro qualsiasi scuola di scrittura. Ladrocini, sviluppati in modo anche beffardo, ilmiolibro.it,, ma non sono sicuro del nome. .

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    1. Ma per carità, Matteo, non ho alcuna intenzione d'imporre questo o quel canone. Mi limito a sostenere, in qualità di lettore, che la narrativa breve mi piace molto. Di libri poderosi scritti in italiano me ne sono piaciuti soltanto tre: "I promessi sposi" di Manzoni, "I viceré" di De Roberto e "Centomila gavette di ghiaccio" di Bedeschi. "La storia", di Elsa Morante, non sono riuscito a finirlo.
      Come autore scrivo romanzi - di lunghezza ragionevole, ovvio - e racconti, e ammetto a malincuore che scrivere racconti mi è maledettamente più difficile.

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  2. Tutte le scelte (lunga, corta, esile, grossa ) sono valide. "Ad onguno il suo"! Importante è che i lettori abbiano piacere, si sentano coinvolti e provino le emozioni che desideriamo trasmettere. Mi cimento con alterna fortuna e indice di gradimento molto variabile con i due generi. Leggendo tanto ho incontrato racconti brevissimi molto belli, da dirmi allla fine: Mannaggia perché si arresta qui! e altri che invece erano pura cacofonia o tristi "elucubrazioni" stilistiche senza animo.

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    1. Non potevi dirlo meglio: "Importante è che i lettori abbiano piacere, si sentano coinvolti e provino le emozioni che desideriamo trasmettere".
      Lungo o breve, un testo narrativo ha il dovere d'essere efficace.

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