giovedì 5 aprile 2018

Il dilemma del Partito Democratico


Esserci o non esserci (al governo con i Cinque Stelle), questo è il problema.
Dal quattro marzo tale dubbio amletico tormenta il Partito Democratico.
L'ex segretario Matteo Renzi, cui va riconosciuto il non invidiabile merito di aver condotto i suoi alla sconfitta, e il neo-iscritto Carlo Calenda rispondono no. Altri esponenti, come Dario Franceschini, Andrea Orlando, Michele Emiliano e Walter Veltroni dicono sì.
In altre parole, il partito è diviso.
Una chiassosa pletora di intellettuali e giornalisti di parrocchia, quali Gianfranco Pasquino, Massimo Cacciari, Eugenio Scalfari, Marco Travaglio, Peter Gomez e Antonio Padellaro, intravedendo un'affinità elettiva tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, giacché molti ex elettori del primo il quattro marzo hanno votato il secondo, si battono per salire sul carro dei vincitori o, almeno, per fornire l'indispensabile stampella a un governo Cinque Stelle.
Ma il Partito Democratico è diviso. Ossia, molti dei suoi parlamentari appartengono alla corrente dell'ex segretario Matteo Renzi e sono ancora pronti a obbedire agli ordini da lui impartiti. E finché una tale condizione perdura il Partito Democratico non è in grado di proporsi ai Cinque Stelle come valido alleato di governo.
Diciamo la verità, la sconfitta ha un gusto davvero amaro.