martedì 11 aprile 2023

Aggrediti e aggressori

 

Dal 24 febbraio 2022 folte schiere di politici (politicanti?), intellettuali (intellettualoidi?) e giornalisti (scribacchini?) ci ripetono a ogni piè sospinto che la Russia è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredito.

Posta tale premessa, i sullodati individui desumono sia giusto inviare armi e soldi al governo di Kiev. Sarebbe cioè cosa buona e lecita invischiarci in una guerra per procura contro la Russia. In altre parole, sarebbe per noi perfettamente morale combattere con il sangue degli ucraini.

E’ però, il loro, un sillogismo del tutto fallace, nonché più bucato di un colabrodo. Insomma, fa acqua da tutte le parti.

Salta innanzitutto agli occhi l’irrisolvibile problema dell’ossimoro. La guerra è uno sporco mestiere e l’unica guerra giusta è quella che non viene combattuta. La guerra è un’attività criminale svolta dagli stati. Il paese attaccato si difende non per ragioni etiche, ma in quanto costretto da una tragica necessità. Soprattutto i suoi governanti, in caso di disfatta, ci rimetterebbero la pelle o, se fortunati, la poltrona. Logico dunque che non si arrendano. Enunciare l’esistenza di una guerra giusta è una contraddizioni in termini, un dozzinale ossimoro, ed è pertanto un’assurdità sostenere che sia moralmente giustificato schierarsi al fianco dell’Ucraina.

In secondo luogo, il bue non può dare del cornuto all’asino. Soltanto i cittadini della Città del Vaticano, della repubblica di San Marino e della confederazione elvetica avrebbero in teoria il diritto di solidarizzare con un paese aggredito. I loro stati non ne hanno mai infatti aggredito militarmente un altro. Purtroppo noi un simile diritto lo abbiamo ormai perduto. Nel 1999 la repubblica italiana ha partecipato all’aggressione della Serbia e nel 2011 a quella della Libia. Abbiamo inoltre inviato truppe d’occupazione in Kossovo, in Afghanistan e in Iraq. Troppe corna abbiamo sul capo per permetterci di muggire contro chi fa oggi quel che noi abbiamo fatto ieri.

E poi, chi ha aggredito chi? Nel 2014 l’esercito ucraino, con il supporto delle milizie neonaziste, ha aggredito le repubbliche indipendentiste del Donbass, continuando senza sosta negli anni seguenti con gli assalti e i bombardamenti. La stipula degli accordi di Minsk avrebbe dovuto porre fine al bagno di sangue. Abbiamo tuttavia saputo, sia per bocca di Angela Merkel, ex cancelliera della repubblica federale tedesca, sia per bocca di François Holland, ex presidente della repubblica francese, e sia per bocca di Petro Poroshenko, ex presidente dell’Ucraina, che era tutta una sceneggiata e l’unico vero scopo degli accordi era guadagnare tempo per armare meglio gli ucraini. Ciò malgrado l’8 febbraio 2022 a Kiev il presidente francese Emmanuel Macron, durante la conferenza stampa tenutasi a chiusura dei colloqui intercorsi con il suo omologo locale Wolodymyr Zelensky, dichiarava che l’Ucraina si diceva pronta ad attuare gli accordi di Minsk. Passate ventiquattr’ore, Zelensky si rimangiava la parola. A quel punto il governo russo riconosceva le repubbliche del Donbass e, ricevuta dai capi delle due regioni autonomiste la richiesta d’aiuto, ordinava alle proprie forza armate di intervenire nel conflitto il 24 febbraio.

Conclusione?

L’artefice delle proprie disgrazie pianga se stesso.