La storia è nota. Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi trucidarono sei milioni di ebrei. Lo fecero per ragioni puramente razziali. I tedeschi si consideravano un Herrenvolk, un popolo di signori, e consideravano gli ebrei dannosi subumani da eliminare.
L'antisemitismo di stampo razzista non fu un'invenzione dei nazionalsocialisti. Allignava in Germania già dagli ultimi decenni dell'Ottocento. Hitler e compari ne fecero una fede mistica e agirono di conseguenza. Fino alle estreme conseguenze, per meglio dire.
Dall'otto ottobre 2023 assistiamo al ripetersi del medesimo fenomeno. Un sedicente popolo eletto, stavolta si tratta di ebrei non di tedeschi, trucida i palestinesi, considerati non esseri umani ma bestie. Ossia, chi di sterminio a suo tempo perì di sterminio oggi ferisce.
Diversi anni fa una studentessa ebrea mi spiegò che il suo era un popolo eletto perché così è scritto nella Bibbia. Il razzismo ebraico non si fonda dunque sul sangue, come quello dei nazisti, ma ha adirittura origini divine. A noi gente di cultura cristana la cosa suona come una bestemmia blasfema. Per noi l'altro, a qualunque popolo appartenga, è secondo gli insegnamenti di Gesù un fratello, non un animale.
Non bisogna perciò meravigliarsi per quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania. Del resto, con una legge promulgata nel 2018, Israele si è proclamato lo stato degli ebrei, stabilendo per sé un'identità di pretto stampo razziale. Quando dunque il professore Luciano Canfora definisce Israele l'erede del terzo Reich esprime un elementare dato di fatto, una verità nuda e cruda.
Una seconda caratteristica per niente edificante di Israele è la sua natura coloniale, consistente nell'appropriazione di territori appartenenti ad altri, fondamento questo dell'ideologia sionista. Gli ebrei persero definitivamente la Giudea nel 135 d.C., anno in cui si concluse la terza guerra giudaica, iniziata tre anni prima con la rivolta contro la dominazione di Roma, scoppiata perché l'imperatore Adriano aveva proibito la circoncisione, da lui considerata un'usanza barbara. Judaea delenda est, decise Adriano, e le legioni sconfissero i rivoltosi ammazzando più di mezzo milione di persone e fecero com'è ovvio tabula rasa, non solo radendo al suolo i centri abitati ma anche estirpando le piante. La provincia di Giudea fu soppressa e il suo territorio, ridenominato ufficialmente Palestina, assegnato alla provincia di Siria. Agli ebrei superstiti non restò che seguire la via della diaspora.
Quasi diciotto secoli più tardi, il 2 novembre 1917, grazie alla dichiarazione resa dal ministro degli esteri britannico Arthur Balfour, i sionisti ottennero un concreto appoggio alla possibilità di stabilire un "focolare nazionale" in Palestina e, è il caso di dirlo, non persero tempo. I primi insediamenti ebraici in Palestina risalgono infatti agli anni Venti del Novecento. Nel 1948 il colonialismo sionista trionfò dando vita allo stato di Israele, in virtù della risoluzione Onu 181 del 29 novembre 1947, suscitata dallo sdegno per i sei milioni di ebrei massacrati nel frattempo dai tedeschi.
Ognuno di noi adesso si chiede: quando finirà l'orgia omicida scatenata dagli israeliani ai danni dei palestinesi? Senza il sostegno degli Stati Uniti d'America e dei loro scherani europei terminerebbe subito. Basterebbero poche settimane di sanzioni economiche e tutti gli ebrei abbandonerebbero di corsa la Palestina, non avendo più nulla di che sopravvivere. E' purtroppo un'aspettativa oggigiorno impossibile. Finché il declino degli Stati Uniti non sarà completo il razzismo sionista non demorderà. E' però vero che nulla dura in eterno. Presto o tardi gli americani saranno costretti a scaricare loro malgrado gli ebrei e Israele scomparirà dalla carta geografica.
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