venerdì 7 giugno 2013

Macchiette e giornali

Non leggo più i giornali dal 1993. Sono passati esattamente vent’anni.
La ragione si deve a un articolo, a firma d’Enzo Biagi, apparso l’anno prima sul ‘‘Corriere della Sera’’, nel quale il famoso giornalista incensava una macchietta.
Mi è impossibile, per motivi igienici, pronunciare della macchietta il nome. Se lo facessi mi sporcherei la bocca. Posso soltanto dire che si tratta di un misero e risibile semianalfabeta. E’ infatti ancora vivente, benché, alle ultime elezioni politiche, gli elettori lo abbiano trombato una volta per tutte.
Sin dall’infanzia i miei rapporti con i giornali si erano mantenuti sempre stretti. Cominciai infatti a leggerli da bambino. Leggevo per l’esattezza quello che mio padre riportava a casa tutti i giorni. Glielo prendevo, lo posavo sul pavimento e lo sfogliavo. A diciassette anni, poi, divenni cronista di un quotidiano regionale.
Quel foglio si chiamava ‘‘Il Mezzogiorno d’Abruzzo’’. Era nato come giornale elettorale dedito alla causa democristiana. Non a caso, suo primo direttore fu il simpaticissimo Paolo Cavallina, l’indimenticato conduttore di ‘‘Chiamate Roma 3131’’. Quando però nel 1973 entrai nella redazione aquilana, lo aveva sostituito Mario Guerra, ossia l’ultimo direttore del defunto ‘‘Momento Sera’’, e l’orientamento politico era cambiato. La testata aveva abiurato la propaganda a favore dello scudo crociato e s’era convertita al garofano. Vale a dire al socialismo di Benito Craxi.
(Benito ho detto? E va be’, sarà stato un lapsus).
‘‘Il Mezzogiorno d’Abruzzo’’ nessuno lo leggeva. Non riusciva, in sostanza, neanche a reggere la concorrenza della carta igienica. Aveva un solo inviato speciale, un certo De Angelis, se ne ricordo bene il nome, privo sia di patente che di macchina. Aveva chiaramente sbagliato secolo, o forse non si era ancora accorto che l’Ottocento era trascorso da un pezzo.
A me facevano scrivere di tutto. Critiche d’arte, pezzi di nera, note politiche, corsivi satirici. Una volta mi mandarono a intervistare l’allenatore di una squadretta di calcio. Fu un’esperienza traumatica. In vita mia non ho mai assistito a una partita di pallone e possiedo, in materia, un’assoluta incompetenza. Ma non fu questo a crearmi problemi. Ben altro mi sconvolse. Lo sportivo, terminato l’allenamento, mi concesse l’intervista mentre si faceva la doccia. A me, che ho un incorreggibile debole per le donne, gli uomini fanno schifo vestiti, figuratevi nudi.
Ma non tergiversiamo e torniamo a Enzo Biagi. Di lui ammiravo una capacità che di solito ai giornalisti italiani manca quasi del tutto. Scriveva divinamente e la sue frasi rapide e taglienti si lasciavano leggere con gusto. Lessi dunque sul finire del ‘92 la sua intervista alla macchietta di cui sopra. Ne dipingeva un quadro esaltante. Figlio di gente umile, aveva preso il diploma di perito industriale, emigrando in Germania. Rientrato in patria, si era laureato in legge, riuscendo a vincere un concorso nella pubblica amministrazione. Aveva di seguito superato un altro concorso, entrando in un altro settore del pubblico impiego. Nel frattempo si era sposato, aveva divorziato e s’era risposato ancora, sia pure con una donna diversa. Insomma, una vera lenza, come sul dirsi. Biagi, tra le righe, dava per scontato che la macchietta avrebbe presto camminato sulle acque, moltiplicato i pesci e trasformato l’acqua in vino.
Il futuro della macchietta sarebbe invece stato molto più prosaico. Fondò un partitucolo, portando in parlamento un gruppetto di tipi che, ricevuta una congrua, nonché cospicua offerta, avrebbero cambiato casacca senza pensarci due volte. Gente davvero attenta ai valori, purché materiali. Ma di quel partitucolo non ne rimangono oramai che frattaglie destinate al più completo oblio. Torniamo perciò al 1993.
I primi mesi di quell’anno trasmisero in televisione alcune fasi di un processo svoltosi a carico di un ex assessore comunale, rinviato a giudizio con l’accusa di finanziamento illecito del partito socialista. Ma il dato veramente degno di menzione, per il quale verrà ricordato in eterno, non è questo, quanto piuttosto il fatto che l’assessore era amico di Demetra Hampton, una delle più favolose bellezze di tutti i tempi.
A quella trasmissione televisiva partecipava pure la macchietta. Si strusciava il microfono sul muso e ogni tre parole diceva okay, per dare magari l’impressione di conoscere le lingue. Peccato però che mostrasse, anche e soprattutto, di non conoscere l’italiano. Un semianalfabeta con i fiocchi. Da primato.
Ne rimasi sbalordito, dato che Biagi, nel suo articolo, aveva dichiarato d’essersi trattenuto a colloquio con la macchietta addirittura un paio d’ore. E in due ore, mi chiesi, possibile che non si sia reso conto che stava parlando con un semianalfabeta? Non potei che trarne le dovute conclusioni. Se non posso nemmeno fidarmi di Biagi, riflettei, i giornali è meglio non leggerli.
E mi sono da allora attenuto, con scrupolo, all’inevitabile decisione.



4 commenti:

  1. beh Gabriele, se l'avessi previsto avresti dovuto portare con te una bomboletta di gas che provoca l'orticaria, da spruzzare nella giusta regione, così il tipo si sarebbe guardato di dare altre interviste sotto la doccia. Che giornalismo e TV si contendano poi a tutti i livelli il primato delle castronerie, non è nuovo. Però ne siamo assetati. È il fattore indispensabile per fare quadrare il bilancio.

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  2. "Ne siamo assetati", dici. E' un'asserzione amara. E aggiungi anche: "E' il fattore indispensabile per far quadrare il bilancio".
    Ci piace insomma farci prendere per i fondelli?
    Non sono affatto d'accordo con te. Però, in verità, non saprei proprio come smentirti. La ragione, come al solito, smentisce e contraddice i desideri.

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  3. Non te ne voglio se non sei d'accordo con me, per carità. Io vorrei essere discorde con me stesso. Non è che amiamo farci prendere per i fondelli, non ce ne accorgiamo nemmeno, anzi inconsciamente istighiamo. Basta dare uno sguardo ai contenuti dei social networks perché il resto diventi più chiaro. Pescando con reti appropriate puoi fare tuoi una moltitudine pesci. Anni fa ebbi l'opportunità di ascoltare in diretta Biagi in Svizzera. Non ricordo in quale occasione. Tutti appaludivano, io avevo quasi il voltastomaco anche se scriveva e parlava bene.

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    1. Ma caro Corrado, se non so come smentirti vuol dire che ti do ragione. Preferirei il contrario, ma nelle reti di cui parli noi ci caschiamo eccome. Gli oracoli televisivi, ancor più dei loro colleghi della carta stampata, ne sanno qualcosa. Più si mostrano faziosi e intolleranti e maggiori sono i loro indici di gradimento. La propaganda, spacciata per informazione libera e irriverente, miete successi strepitosi. "La cinematografia è la nostra arma più potente", diceva uno. Se rinascesse direbbe la stessa cosa, adeguando ai tempi odierni il soggetto della sua asserzione.

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