sabato 18 maggio 2013

Il potere e la legge


L’Italia, si vocifera, sarebbe la patria del diritto. Al punto che, sostengono i buontemponi, da noi le norme s’interpretano però non si applicano. Ma troppa scienza, si sa, uccide il buonsenso.
Scherzi a parte, nello stivale la giustizia gode del raro privilegio d’essere considerata uno dei più scadenti servizi resi dalla repubblica italiana ai suoi cittadini. Ciò ha effetti sociali devastanti, giacché l’inefficiente tutela dei diritti affievolisce lo spirito di legalità. Mafia, stidda, ’ndrangheta, camorra e sacra corona unita, ovviamente, ringraziano.
Le ragioni, come al solito, sono di squisita natura tecnica e nulla hanno a che fare con una non meglio precisata avversità della sorte.
Armiamoci di un pizzico di pazienza e analizziamo il problema. Non ci vuole molto, basta saper leggere. Basta soprattutto saper leggere il secondo comma dell’articolo centouno della nostra carta costituzionale, che recita: ‘‘I giudici sono soggetti soltanto alla legge’’.
Qual è il significato di tale principio?
Le personcine istruite risponderanno in massa che la norma stabilisce l’indipendenza della magistratura, poiché al di sopra del giudice c’è solo la legge. La legge e nient’altro. La legge e nessun altro.
Risposta non sbagliata ma incompleta. A voler essere pignoli, infatti, non sarebbe male ricordare che l’indipendenza della magistratura è in realtà sancita dal primo comma dell’articolo centoquattro (andatelo a leggere, se non ci credete), mentre l’indipendenza di ogni singolo magistrato è assicurata dal primo comma dell’articolo centosette, che ne dispone l’inamovibilità.
‘‘E allora, sapientone’’, mi chiederanno con sarcasmo le personcine istruite, ‘‘quale sarebbe il vero significato del secondo comma dell’articolo centouno?’’
La risposta li lascerà di stucco. Se i giudici sono soggetti soltanto alla legge vuol dire che non sono soggetti al precedente giurisprudenziale. Il che, tradotto in termini terra terra, significa che ogni giudice è libero d’interpretare soggettivamente le norme. Ossia, tradotto in termini ancor più terra terra, il potere conferito dalla nostra costituzione al giudice è il massimo possibile, avendogli concesso piena libertà nell’interpretare la norma e nella conseguente applicazione.
Intendiamoci, in tutto ciò non vi è niente di scandaloso. E’ infatti tipico della tradizione giuridica romano germanica, cui noi apparteniamo, svincolare il giudice dal precedente, essendo invece caratteristico del sistema giuridico anglosassone sottoporre il giudice alla regola del precedente.
Gli effetti di questa scelta non sono tuttavia innocui. Viene infatti meno la cosiddetta certezza del diritto. E cioè, in soldoni, la piena libertà d’interpretazione delle norme determina decisioni, a parità di fattispecie, non sempre coincidenti, bensì variabili da tribunale a tribunale.
Già mi sembra d’udire l’obiezione dei grandi scienziati che insegnano diritto nelle nostre università: ‘‘Ma noi abbiamo la corte di legittimità’’, mi rinfacceranno.
Ma il punto è proprio questo. Neanche la corte di cassazione è vincolata al proprio precedente e non sempre, oltre tutto, la sua giurisprudenza è costante.
La soluzione a questo grosso problemino appare dunque semplice. E’ indispensabile vincolare la corte di cassazione al proprio precedente e obbligare le corti inferiori ad attenersi al precedente della corte di cassazione. Insomma, il secondo comma dell’articolo centouno va riscritto, aggiungendoci qualcosa.
Se poi tanto ci piace l’incertezza del diritto, lasciamo tutto com’è.



5 commenti:

  1. E' un problemaccio.
    Aggiungerei che in Italia esistono leggi praticamente su ogni cosa, spesso frutto di scelte politiche e quindi tutt'altro che generali ed astratte. Questa enorme produzione di "leggi che non sono leggi" ha creato un intricato sistema nel quale spesso più leggi si contraddicono o, addirittura, nel quale la ricercata specialità delle leggi finisce per creare grosse lacune che ogni giudice colma un po' con la fantasia e un po' per convenienza. Questo per dire che se la validità del precedente è fattibile nei sistemi di common law, nel nostro sistema e soprattutto in quello italiano, essa potrebbe essere solo teorica perché nessun precedente avrà un'esattezza scientifica tale da essere riconosciuto come corretto da un altro giudice, e nessun precedente riuscirà ad adattarsi ad un nuovo caso vista la grande mole di leggi che concorrono alla sentenza.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, è giusto ciò che affermi. Lasciami però aggiungere che la mia proposta, per dirla tutta, non è affatto originale. Basti pensare che la Corte europea per i diritti dell'uomo è tenuta a rispettare la legge (cioè il trattato stesso che l'ha istituita, opera nel '48 di francesi e inglesi) e il proprio precedente. Nel mio articoletto non ho poi affatto considerato le gravi colpe dei corpi legislativi, da te puntualmente indicate. In linea puramente di principio la buona legge, oltre a non contraddire altre leggi, dovrebbe essere formulata in maniera tale da ridurre al minimo la discrezionalità del giudice, mentre da noi, per lunga tradizione, il legislatore agisce in maniera diametralmente opposta, come se confidasse in una suprema saggezza del giudice. Se comunque la cassazione fosse tenuta a rispettare il proprio precedente e le corti inferiori il precedente della cassazione, gli avvocati sarebbero costretti a fare molto meno cause. Non quelle perse in partenza, almeno. Il legislatore, inoltre, potrebbe intervenire subito con la cosiddetta interpretazione autentica, qualora la cassazioni applichi una nuova norma in maniera difforme a quanto auspicato. Sono purtroppo, quelli che stiamo qui affrontando, problemi che meriterebbero un'ampia discussione, se ne interessano invece solo quattro gatti come noi. Mah, non ci resta che miagolare.

      Elimina
  2. Ciao Gabriele,
    come al solito riesci a trattare argomenti importanti in modo chiaro e pulito, con quella nota di leggerezza che ti fa finire la lettura con il sorriso sulle labbra anche se dentro hai quella "rabbia", per un paese, il nostro paese, che potrebbe essere il "migliore del mondo", ma che per vicissitudini e storia passata e presente, non lo è. E forse mai lo diventerà.
    Un caro saluto, è sempre un piacere leggerti.
    Ciao
    Pierluigi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il tuo giudizio, caro Pierluigi, mi è sempre di conforto e non posso che ringraziarti. Speriamo che, passo dopo passo, il nostro paese migliori. Nel mio piccolo posso solo indicare i problemi, è vero, ma non riesco a rimanere cieco e sordo.

      Elimina