(In collaborazione con Enrico Mattioli, Pierluigi di Cosimo e Alessandro Agrati)
Con i tempi che corrono un autore di narrativa se non possiede un blog non esiste.
A sentire questa mia asserzione tanto lapidaria qualcuno potrebbe mettersi a ridere e ribattere:
«Ma cosa dici, fesso? Chi non pubblica con un grosso editore non esiste. Tu non esisti».
Certo, sarà pure questione d’opinioni, ma quando ho specificato ‘‘con i tempi che corrono’’ alludevo al mondo d’oggi dominato da internet e alla diffusione del libro elettronico, fatti che hanno di sicuro cambiato i connotati al vetusto panorama editoriale e introdotto nuovi modi di leggere.
Alla vecchia guardia amante dei libri di carta tutto ciò forse non piacerà, però gli scrittori da blog ormai esistono e io sono uno di loro. Ho voluto così farmi una chiacchierata con alcuni colleghi, per confrontare le loro idee e le loro esperienze con le mie. Ne trascrivo qui di seguito il verbale.
Beh, Gabriele, tu hai già aperto un sacco molto pesante: l’editore. Ho frequentato per molto tempo un blog che ora non esiste più, ‘‘Riaprire il fuoco’’, gestito da Ettore Bianciardi e Marcello Baraghini. Loro spesso battevano su questo punto (Baraghini, per la cronaca, è direttore editoriale di Stampa Alternativa), cioè se ha ancora senso, oggi, parlare di editori o trovarsi un editore con le possibilità che offre internet e il self publishing. Loro scrissero anche un volume dal titolo ‘‘Il libro mio me lo pubblico io’’, attraverso cui spiegavano passo passo come pubblicarsi i libri da soli, addirittura senza il self pubblishing ma tramite un tipografo, e, per l’ebook, imparare a crearlo da soli. Il punto è anche questo, cioè cosa sia l’editore, che per molti è sempre più simile a un tipografo perché non ci mette più un soldo e se non ti chiede contributi per la pubblicazione magari ti chiede di comprarne delle copie e, se non lo fai, il tuo libro giace nei magazzini.
Chi è contrario all’opportunità di prodursi e promuoversi da sé ti dirà che in tal modo si aggira il giudizio di chi si occupa di queste faccende, come, appunto, editor e redazioni varie e l’ambiente della narrativa si riempirà di personaggi frustrati che scrivono e scrivono ma leggono poco e pensano tutti quanti di aver composto un capolavoro che però è snobbato dai media.
Ai grossi editori non ci arrivi se non hai un nome che fa discutere (in qualsiasi campo) e che deve dare un motivo al lettore per spendere i soldi e acquistare un libro. Quindi direi che anche in questo caso l’ambiente della narrativa si riempie di personaggi (famosi, però) che scrivono e che se non hanno scritto un capolavoro comunque vendono.
Seguendo tale logica le pubblicazioni son decise dai distributori che portano materialmente il libro in libreria e conoscono bene i gusti del pubblico. E’ marketing, questo, facile.
Insomma, mi pare che alla fine non stiamo trattando di letteratura, libri, editoria e scrittori, no? La situazione è questa.
Pierluigi di Cosimo
Caro Gabriele, cosa dire di più della tua introduzione e dell’articolo dell’amico Enrico? Seppur appassionato di scrittura sin dalla tenera età, quando inventavo storie di avventure sulla mia “agenda segreta” o quando passavo i pomeriggi a giocare con il mio amico immaginario, come sai, mi sono affacciato al mondo della scrittura in modo, diciamo così, serio solo da un paio di anni.
All’inizio avevo l’illusione che esistessero ancora editori grandi o piccoli che fossero decisi a investire su buoni scritti seppur acerbi, capaci di vedere con il loro occhio esperto la qualità nelle poche frasi che gli fossero capitate sotto gli occhi, cogliendo, per così dire, “l’attimo fuggente”. Lentamente mi sono reso conto di due cose, le case editrici si sono ridotte al ruolo di “tipografie a pagamento”, con tutto il rispetto del lavoro di tipografo, e che, con l’avvento del mondo digitale, ognuno può scrivere e pubblicare liberamente, con risultati più o meno buoni. Risultati spesso dovuti più alla “condivisione” che alla qualità del racconto.
Inoltre, durante questi ultimi due anni, sono entrato in contatto con gruppi di autori “self”, provenienti da mondi e esperienze diverse, ma tutti accumunati dalla stessa voglia di scrivere e leggere cose buone. Beh, discutendo e accumunando le esperienze, sono venuti fuori tanti retroscena e mezzucoli che qualche autore utilizza per scalare le classifiche delle piattaforme più conosciute, tanti “fatti” strani difficilmente riconducibili a qualcuno in particolare, grazie all’anonimato che queste piattaforme permettono, ma che qualche sospetto su chi possa essere lo lasciano intravedere.
Insomma, un mare magnum di opportunità, ma anche di sgambetti, in cui purtroppo le case editrici non sanno nuotare, ma da cui si limitano a pescare qualche pesce qua e là, quando spesso è troppo tardi. Ed è un vero peccato, dato che da quando sono entrato in questo mondo di “self” ho iniziato anche a leggere molti dei lavori di questi colleghi, trovandoli all’altezza di grandi autori internazionali, anzi spesso con vene di profondo sentimento e storicità, che solo la lingua italiana sa regalare.
Alessandro Agrati
Gabriele, secondo me qui si potrebbe aprire un discorso più ampio, che finirebbe per degenerare in uno sterile dibattito sui massimi sistemi. In poche parole, con la diffusione mondiale della rete e dei dispositivi per collegarsi a essa, non solo un autore di narrativa che non sia attivo su internet (in particolare sui social network) rischia di finire nel dimenticatoio, ma lo stesso rischio lo correrà a breve anche chi, pur non scrivendo e non aspirando a farsi conoscere, si ritroverà costretto a crearsi un profilo su internet per non sparire dalla vita sociale. Non voglio dare giudizi di valore su questo fenomeno, né abbandonarmi a paranoiche teorie del complotto. Mi limito a constatare che, giorno dopo giorno, la rete condiziona sempre di più la nostra vita quotidiana.
Per quanto riguarda la diffusione del libro elettronico e dell’editoria digitale, sono sicuro che nel lungo periodo tutto ciò andrà ad assumere un peso sempre maggiore nel settore, col beneficio della riduzione dei costi economici e ambientali (meno spese per il materiale, meno alberi abbattuti). Purtroppo avere tanta cultura a portata di click non servirà a diminuire l’ignoranza e la propensione a “non leggere”. Ritengo che questa sia un’attitudine individuale, più che una cosa dettata esclusivamente dalla disponibilità della cultura e dal contesto in cui si vive.
Ritornando al tema principale della chiacchierata, sarà anche vero che se non pubblichi con un grande editore non esisti, ma è anche vero che molti autori famosi hanno il loro blog. Inoltre, a mio parere, molti “scrittori da blog” sono meglio di certi autori famosi, più attenti a giocare con le parole che al contenuto dei loro romanzi.
Concludendo
Mh, amici, avete messo molta carne sul fuoco. Posto che il mercato editoriale è quello che è, come Enrico Mattioli ha sottolineato con amara arguzia, bisogna comunque riconoscere che i bravi ‘‘scrittori da blog’’ non mancano. Ai lettori appassionati di narrativa si offrono quindi vaste e fino a ieri inedite possibilità di gustare prose godibili. Sta però a noi autori scrivere ‘‘per’’ i lettori, anziché contro i lettori. Sta a noi produrre e promuovere per mezzo dei blog testi che si lascino apprezzare.
Dunque, diamoci da fare.
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