venerdì 3 gennaio 2014

Tanta politica, poca democrazia

La storia politica della repubblica italiana è finora stata tanto paradossale quanto esilarante. Malgrado l’esuberante presenza di una variopinta molteplicità di partiti, faziosi fino all’inverosimile, per quasi mezzo secolo abbiamo in pratica avuto al governo un monocolore volta a volta allargato a mutevoli alleati mignon.
Democrazia bloccata, la si chiamava.
Dal 1948 al 1994 la democrazia cristiana ha infatti goduto del più raro dei privilegi cui un partito di governo possa aspirare. Al parlamento non si è mai dovuta confrontare con vere e proprie opposizioni, ma soltanto con chiassosi simulacri. Ciò perché le opposizioni di destra e di sinistra venivano considerate, da gran parte degli elettori, forze antisistema, anziché minoranze affidabili alle quali conferire, in alternativa al pachiderma democristiano, la potestà di governare la nazione.
I missini, a destra, apparivano agli occhi dei più come puri e semplici nostalgici del passato regime fascista. Del resto, persino il nome della loro formazione, movimento sociale italiano, richiamava alla memoria la repubblica sociale italiana. E il fascismo aveva condotto il paese a una sconfitta così devastante e sanguinosa da non poter essere dimenticata. Nostalgici o meno, meglio tenerli alla larga dal governo, pensavano quasi tutti.
A sinistra i comunisti, che pur disponevano di un consistente patrimonio elettorale, non riuscivano a scavalcare la barriera rappresentata dal cosiddetto ‘‘fattore K’’. Essendo stato il paese militarmente occupato dagli americani, divenuti in seguito nostri alleati quando ci avevano accettato nella Nato, e mostrandosi i comunisti fidi seguaci di Mosca, capofila del patto di Varsavia, blocco contrapposto alla Nato, sarebbe stato ben strano se il popolo italiano avesse mandato al governo gli amici dei suoi nemici. Senza contare inoltre il fatto che l’arrivo di Baffone, seppur da molti agognato, alla maggioranza degli italiani piaceva quanto un incubo notturno.
Nelle normali democrazie gli elettori hanno la facoltà di scegliere chi deve governarli e, se delusi, alla scadenza del mandato punire chi non li ha soddisfatti, votando per altri. Per lunghi decenni in Italia tutto ciò non è avvenuto, provocando una grave degenerazione dell’apparato politico burocratico. Se la fazione politica che regge le redini del governo è sempre la stessa, lo spirito di servizio che dovrebbe animare gli eletti si affievolisce, sostituito dall’amore sconsiderato per le poltrone e i connessi vantaggi pecuniari, mentre lo stato si trasforma, nelle menti di chi lo domina, in un mero strumento di potere. L’inefficienza e lo spreco di risorse pubbliche diventano pertanto inevitabili.
Con la caduta del muro di Berlino e lo spirare della madrepatria sovietica, eventi che hanno costretto i comunisti a cambiare nome e a gettare alle ortiche l’ideologia marxista, nonché grazie alla successiva distruzione per via giudiziaria di democrazia cristiana e soci, si è aperta una nuova stagione politica durante la quale abbiamo finalmente conosciuto l’alternarsi al governo di schieramenti avversari.
I risultati di venti anni di alternanza tra coalizioni nate sulle ceneri dei vecchi partiti sono però stati tutt’altro che positivi. L’inefficienza dell’apparato politico burocratico è rimasta intatta mentre i suoi costi, in termini di pressione fiscale, sono saliti. La concorrenza tra le due ditte, che in astratto avrebbe dovuto rendere più efficace l’azione dei poteri pubblici, non ha prodotto invece alcun miglioramento. Il lupo, se mi è consentito indicare con una metafora zoologica il ceto politico nel suo complesso, ha sì perso il pelo ma non il vizio. Consistendo il vizio nel tenere il deretano saldamente appiccicato alle comode e remuneratissime poltrone. Dal novembre 2011 a oggi abbiamo inoltre assistito a un esito davvero beffardo. Cani e gatti, sempre per rimanere in ambito zoologico, si sono alleati per sostenere il governo. Alla faccia dell’alternanza!
Va comunque riconosciuto con la massima obiettività che i cani e i gatti, insieme, l’hanno combinata grossa sul serio. Hanno infatti attuato politiche economiche in virtù delle quali sono riusciti a ridurre il reddito nazionale, accrescere il numero dei disoccupati e peggiorare le condizioni della finanza pubblica, tanto che l’ammontare del debito statale è schizzato a livelli mai visti. Hanno così sfoggiato, negarlo non si può, una genialità economica da manicomio criminale.
Ad azioni di governo di tale indubbia immoralità, i cui effetti gravano soprattutto sui gruppi sociali più deboli, gli elettori hanno reagito in maniera impeccabile, lanciando agli smidollati al potere due messaggi chiari e forti. Da un lato l’astensione dal voto, a testimonianza del malessere e del disgusto, si è ampliata in misura notevole, raggiungendo alle ultime elezioni politiche un picco del venticinque per cento, e dall’altro un movimento di protesta ha mietuto un significativo e inatteso successo, ricevendo un quarto dei consensi.
E’ lecito aspettarsi, da questo inedito atteggiamento del corpo elettorale, sviluppi positivi?
Difficile dirlo.
L’ideale sarebbe la scomparsa, dalla scena politica, di cani e gatti. I ronzini sfiatati si mandano al mattatoio. Perché mai cani che mordono i più poveri e gatti che graffiano per pura malvagità dovrebbero godere di un trattamento privilegiato? Inoltre, sperare che cani e gatti tanto feroci e pericolosi rinsaviscono equivale a puntare un po’ troppo sulla buona sorte. Sarebbe come vincere una lotteria.
Né sembra possibile risolvere i problemi con il semplice astensionismo o con slogan di protesta. La protesta, lì per lì, può anche darti una bella fetta di voti, ma se non si elabora un preciso programma di governo da aggiungere alle parole d’ordine si perde gran parte della credibilità.
In conclusione, la situazione è tragica ma poco seria. Come al solito.



2 commenti:

  1. Analisi puntuale e condivisibile Gabriele, così come il post sul principio di responsabilità che avevo letto qualche giorno fa. Ci resta solo da incrociare le dita (e farci quattro risate alle nostre spalle)

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    1. Sì, certo, incrociamo le dita. Un pizzico di scaramanzia male non può farci.

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