La Sicilia, verità a nessuno ignota, è un’isola fuori norma. Nel senso che è straordinaria. Lo è in modo incredibile. Sic et simpliciter, direbbero le personcine istruite. Con ogni probabilità ciò ha a che fare con la sua storia e la sua geografia. Posta nel cuore del Mediterraneo, culla di antiche e ormai defunte civiltà, nel corso dei secoli ha visto il proprio suolo via via calpestato da fenici, greci, romani, arabi, normanni, spagnoli, garibaldini e piemontesi. I penultimi e gli ultimi, mi sa, avrebbero fatto meglio a rimanersene a casa loro. La malasorte, purtroppo, lo ha impedito e piangere lacrimoni di coccodrillo serve ora a un bel niente .
Dall’unità d’Italia a oggi l’isola ha offerto allo storia dell’umanità due speciali contributi. Il primo e più originale è costituito dalla mafia, un maleficio che la repubblichina italiana non è all’altezza di estirpare. Il secondo è rappresentato da una serie di scrittori formidabili: De Roberto, Verga, Capuana, Pirandello, Sciascia, Bufalino, Camilleri e, come lui stesso dice, ‘‘scodinzolando con la lingua penzoloni provando a seguire’’, Corrado S. Magro.
Corrado Sebastiano Magro è autore altrettanto straordinario quanto la sua isola, da lui abbandonata in giovinezza. Vive infatti a Schwerzenbach, piccolo comune del cantone di Zurigo, sul cui stemma appare una trota, pesce non impossibile da pescare nelle limpide acque dei dintorni.
Magro scrive racconti (vedi la raccolta ‘‘Il ruggito del Fuoco’’, babyloncafe.eu, in parte dispinibile su liberolibro.it), cioè prose brevi nelle quali scandaglia un ampio universo tematico; romanzi, dai quali emerge in particolar modo la sua giovinezza sicula; satire, dove getta uno sguardo sconfortato su quell’esserino deludente che si fa chiamare homo sapiens.
‘‘Le Chiappe del Demiurgo’’ è il suo più gustoso romanzo satirico. E’ però con ‘‘All’ombra degli aranci’’ e ‘‘Lunedì di Pasqua’’ (parzialmente inediti), l’uno seguito dell’altro e riuniti sotto il titolo di ‘‘Amori e rancori’’, che sfoggia le qualità del narratore di razza. Nessuno avrà pertanto da meravigliarsi se ho voluto sottoporre uno scrittore tanto raro a un coscienzioso interrogatorio.
Cominciamo dai luoghi. Sicilia e Svizzera, due mondi così diversi l’uno dall’altro.
La Svizzera è il paese che mi ha adottato e che io ho adottato. La Sicilia è la terra dove sono nato e cresciuto. Per essa nutro un amore struggente che, nonostante il travaglio che crea, non riesco ad annegare nella fossa dell’Io.
Per spiegarlo meglio ecco uno sguardo sul passato, provando ad essere breve.
Sono nato che il secondo conflitto mondiale bussava alla porta. Un momento di assoluta instabilità e incertezza che, volente o nolente, in parte mi ha condizionato. Ero l’ultimo di sette. Mio padre, profondamente credente e praticante, contadino mezzadro e gran lavoratore, mia madre, credente anche lei ma di spirito più indipendente, casalinga energica in grado di cavarsela riuscendo anche a ripetere ‘‘la moltiplicazione dei pani’’.
A dieci anni mi infilano in un collegio di preti. Apprendere era la sola cosa che mi soddisfaceva. Già allora inziai a cimentarmi con la scrittura: poesie, racconti, giornalino murale. Ricordo che a una mia domanda il redattore della pagina per ragazzi de ‘‘Il Vittorioso’’ (com’era fantastico Jacovitti) mi scrisse che scrittori si diventa verso la terza età. I tempi cambiano e ora si ‘‘scrive’’ nella culla con il ciuccetto in bocca e si scrive come si parla a quell’età. I vecchi sono marciume.
Adolescente, abbandono l’esperienza collegiale disatrosa, con conseguenze che mi sono trascinato dietro per una vita. Da quel momento per me esistevano solo due colori: bianco o nero, onesto o disonesto. Sfumature di grigio? Ci avrei pisciato sopra.
Come poter sopravvivere in Siclia con questi principi senza giocare all’eroe e senza candidarsi alla fame eterna o al martirio? Ma chi ero io a poter recitare questi ruoli? Io che all’uscita del collegio per studiare ho dovuto sempre lavorare?
Poco più che ventenne m’innamoro di una, a dir poco, splendida ragazza. Ci frequentiamo guardandoci a distanza, rubando qualche caldo e raro bacio, pomiciando quando non ci stava nessuno in vista. Le mie cellule cerebrali fumavano. Gli elettroni vorticavano solo ed esclusivamente attorno a lei. Un bel momento il rapporto s’incrina senza che io ne conosca la ragione. Impossibile incontrarla. Lei accetta di allontanarsi seguendo un fratello in Svizzera.
Non inghiotto il rospo e circa un anno dopo rifiuto di partire quale ufficiale dei CC, butto all’aria quasi quattro anni di università, e come uno zombie mi metto sulle sue tracce.
L’incontro (o lo scontro) a Zurigo fu un secondo disastro. Ne uscii prostrato e distrutto, una pezza da piedi. Ormai l’avevo fatta grossa (avevo buttato in aria quasi quattro anni di università) e non c’era da correre ai ripari. Cosciente e conseguente, mi rifiutai di ritornare in Sicilia nonostante i ripetuti inviti dei miei. Avevo sbagliato tutto e non dovevano pagare gli altri per me.
Rimasi in Svizzera a fare l’aiuto manovale: carriola, mazza e pala!
I paesi nordici in generale offrono qualcosa di cui gl’italiani hanno sognato e dovranno sognare anche in futuro se non si stuferanno o se non diventeranno ebeti: se qualcuno ha materia grigia da mettere a profitto, ha solo la difficoltà della scelta per dimostrarlo. Scuole serali e istituzioni di ogni tipo sono pronte ad accoglierti. Paghi fior di quattrini, ma ti danno ben più di quello che investi. Il mio pragmatismo e la chiara visione del futuro mi permisero la giusta scelta: elettronica industriale. Dieci semestri in lingua tedesca (divennero dodici). Un’impresa che oltre al lavoro nel ramo specifico, richiedeva di studiare la notte fino alle due del mattino ed essere di nuovo in piedi alle sei.
Nonostante l’impossibilità di accedere agli esami di stato per motivi vari, finito il corso di studi, il risultato del periodo di prova, di norma quando si cambia datore di lavoro, confermava le conoscenze acquisite e il livello professionale veniva riconosciuto.
Impegni che oltre alla tecnica richiedevano anche conoscenze commerciali e di gestione, mi spingono a frequentare per altri due anni, sempre di sera, corsi di qualifica specifici. Ero quasi sempre l’unico studente di lingua non tedesca. Tenere il passo era una sfida.
Durante questi periodi non posso dire di avere scritto, a parte riempire fogli singoli di appunti, scrivere qualche poesia, qualche satira. Non ho però mai smesso di leggere e di curare con attenzione il mio sviluppo personale.
E la Sicilia?
La Sicilia era ed è ancora la mia meta annuale. Fare le vacanze alle Maldive, alle Canarie o altrove, non mi si addice. Lo rifiuto ritenendolo quasi immorale. Vado in Sicilia per rivedere luoghi e persone che mi hanno visto e che ho visto crescere.
Perché scrivi? E’ una domanda scostumata, lo so, ma sono incorreggibile e te la rivolgo lo stesso.
Scrivere è dare seguito, sbocco a una pulsione che cerca di travasare. Presentare agli occhi di terzi, raccontare tramite eventi veri o immaginari il modo di vedere il mondo con i suoi esseri animati o inanimati. Un modo di far partecipare, di rivivere tutte quelle avventure (lo dico al posto di esperienze) vissute che mi hanno fatto soffrire, gioire, arrabbiare, riflettere. Scrivere mi regala la convinzione (o l’illusione) di comunicare con il mondo. In sintesi, credo di poter dire: scrivere è il connubio tra partecipare e far partecipare.
E i tuoi lettori partecipano, sta’ tranquillo. Scendiamo nei dettagli, iniziando dai racconti.
Mi permettono, senza un impegno prolungato nel tempo, di comunicare in forma variegata seguendo stili e generi diversi. Con essi propongo al lettore una tematica che non si esaurisce dopo il punto di chiusura, ma prova a dargli una spintarella per invogliarlo ad andare più in là.
Poi ci sono i romanzi.
Poca roba pubblicata, tanta in cantiere. In essi c’è lo scopo d’informare, far gustare il sapore, sanguigno come i tarocchi sanguinelli, di eventi che si sono avverati, che si avverano ogni giorno o che si avvereranno domani. Passato, presente e futuro sono inscindibili, considerando il tempo come il segmento che descrive l’emissione del guizzo luminoso del fotone che cede energia dentro un sistema, l’universo, senza inizio né fine.
Nei romanzi dai ampio spazio alla tua giovinezza sicula.
Come tacere su questa fase di vita che mi ha scombussolato, plasmato nuovamente e forgiato per la sfida e la lotta senza quartiere con me stesso, il mio più grande amico e nemico?
Infine, la satira.
E’ il risultato di un mix (scusatemi il termine usato nel marketing) tra il piacere della burla, il riso, la rabbia, e la frustrazione fino alle lacrime. E’ una reazione che posso sentire, vivere e manifestare osservando quello che succede a tutte le latitudini terrestri. L’essere, appena può, si regala la licenza di commettere il suo più grande crimine: sacrifica coscienza e conseguenza.
E adesso, se non ti dispiace, dimmi qualcosa della tua vita privata.
Perdonate se la definisco handicappata e non privata. Credo che respirando sia stato contaminato da molti degli elettroni che Immanuel Kant emise durante la propria vita. Una volta deciso di metter su famiglia più per raziocinio che per passione bruciante, ho accettato il ruolo senza ma e senza perché, dedicando tutte le risorse disponibili a chi ha vissuto ed è cresciuto tra le pareti che ho abitato.
Hai figli? E se sì, quanti?
Non so se è merito mio poter essere soddisfatto dei tre maschi che fisicamente oltrepassano di ben oltre un palmo il canuto padre che si arresta a 176 cm, e che professionalmente hanno trovato da tempo le propria strada nei più diversi settori, forse anche per merito di quella Svizzera che ha offerto loro i mezzi per continuare il processo di autorealizzazione che non si arresta mai e si chiuderà quando esaleremo l’ultimo respiro. Non sono mai intervenuto sulle loro scelte mettendomi di traverso, ma ho preteso che tenessero un comportamento conseguente. Fino al presente ne è valsa la pena.
Le loro compagne?
Spose o conviventi, coltivo con loro un rapporto familiare, paritetico, aperto, senza bizantinismi di sorta, senza salamelecchi, e lo stesso pretendo nei miei riguardi.
Nipotini ne sono arrivati?
Qui per il momento devo riferire al singolare. Forse non ho spiegato bene ai figli come e cosa avrebbero dovuto fare e così è stato solo il più giovane che ha osato varcare la linea e mi ha appiccicato i galloni di nonno (come i militari che in pensione diventano generali) regalandomi una nipotina nata a ottobre 2012 e che con la sua curiosità non ha tempo di piangere o di annoiarsi, sempre intenta alla scoperta del nuovo. Ne verranno altri? Non sta a me adoperarmi. Se ne arrivano siano i benvenuti.
Quali attività lavorative hai svolto prima di dedicarti anima e corpo alla scrittura?
Contadino che lavora la terra come nella preistoria, apprendistato di analista chimico, studente lavoratore, breve presenza sui caccia come allievo ufficiale pilota subito defenestrato, aiuto manovale all’estero, operaio elettronico, diploma d’ingegnere in elettronica industriale e relativa attività di sviluppo, costruzione e applicazione di automatismi (robot in senso lato) in campo europeo, gestione di piccole entità industriali, progettazione e vendita di sistemi elettronici professionali per ricerca, automazione, robotica, comunicazione, medicina nucleare, informazione nei vettori dei trasporti pubblici.
Interessi in altri settori?
Sviluppo interpersonale, analisi bio strutturale, programmazione neuro linguistica, neuroplasticità, evoluzione della quantistica, l’energia e il ruolo che assume l’essere umano alla luce delle nuove scoperte. Letture: saggistica, narrativa di vario genere, economia.
Esperienze editoriali?
Credo sia più opportuno tacere, evitare di riferire, descrivere un bubbone pestifero e infetto.
Progetti futuri ne hai?
Sì, ma preferisco tacere, per il momento.
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