Il
4 marzo 2018 gli elettori italiani si sono espressi in modo chiaro.
Hanno premiato le forze sovraniste (Movimento Cinque Stelle, Lega,
Fratelli d'Italia) e punito i partiti europeisti (Partito
Democratico, Forza Italia, Liberi e Uguali).
Ciò
non significa necessariamente che i sovranisti riusciranno a formare
un governo. Né va esclusa l'eventualità che si torni in
tempi più o meno stretti di nuovo al voto. Le incertezze sono
dovute sia all'attuale legge elettorale proporzionale che alle forti
divisioni esistenti tra i sovranisti.
In
altre parole, non è detto che gli eletti riusciranno a
soddisfare le richieste espresse dalla maggioranza degli elettori.
Non nell'immediato, almeno.
La
parabola degli europeisti è infatti discendente mentre quella
dei sovranisti è in ascesa. Presto o tardi, magari dopo una
nuova tornata elettorale, avremo perciò in Italia un governo a
guida sovranista.
Dobbiamo
rallegrarcene?
Sì,
perché quel che i votanti esigono è tanto necessario
quanto razionale. Desiderano semplicemente che le politiche
economiche procicliche imposteci dall'Unione europea a trazione
tedesca vengono sostituite da politiche di bilancio anticicliche che
sostengano i consumi e gli investimenti, riducendo così la
disoccupazione. Ed è appunto quello che i sovranisti, nei loro
programmi elettorali, hanno promesso di realizzare.
Gli
scettici ritengono che robuste misure anticicliche non siano
attuabili. I mercati, o per meglio dire le banche francesi e
tedesche, nonché la commissione europea riusciranno a
impedircelo.
Tali
critiche sarebbero fondate se mancasse lo strumento tecnico che
consentirà di aggirare gli ostacoli.
Quale?
La
moneta complementare.
Le
proposte in campo (biglietti di stato, certificati di credito
fiscale, minibot) non mancano e i sovranisti ne sono ben consapevoli.
Grazie alla moneta complementare sarà possibile sganciarsi
dall'euro senza formalmente uscirne attraverso una conversione, che
avrebbe invece effetti letali.
Non
resta dunque che avere un po' di pazienza e attendere il maturare
degli eventi. Le catene che ci inchiodano alla crisi economica stanno
forse per spezzarsi.
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