giovedì 12 giugno 2014

Scacco matto al Reich

Il voto europeo di fine maggio 2014 passerà alla storia.
Ciò avverrà non perché il parlamento di Strasburgo eserciti un reale potere di controllo sull’organo esecutivo, ossia la commissione, o abbia una concreta potestà legislativa. E’ privo sia dell’uno che dell’altra.
Il motivo per cui un rito ripetitivo e sempre futile quale l’elezione dei parlamentari europei stavolta avrà tanta importanza è un altro. E cioè, gli elettori di due paesi su ventotto che compongono l’Unione europea hanno dato scacco matto al Reich germanico.
Nel Regno Unito, raccogliendo il 26,8% dei consensi, al primo posto si è piazzato l’Ukip, formazione che si prefigge la fuoriuscita del proprio paese dall’Unione europea, mentre in Francia a tagliare per primo il traguardo con il 25% dei suffragi è stato il Front National, partito nel cui programma svetta l’uscita dall’euro.
Il comportamento dell’elettorato britannico non deve stupirci. La perfida Albione, come la chiamava il noto smargiasso romagnolo, non ha mai tollerato lo strapotere di una potenza continentale. Ha perciò combattuto e sconfitto Napoleone Bonaparte, ha combattuto e sconfitto il Kaiser, ha combattuto e sconfitto il Führer e oggi si oppone alla Kanzlerin. Dopo tutto, gli inglesi non hanno adottato l’euro né hanno sottoscritto il patto di bilancio (fiscal compact). Al contrario, il primo ministro in carica, David Cameron, aveva già da tempo programmato d’indire un referendum per consentire al suo popolo di decidere sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea. E gli inglesi, se la musica non cambia, se ne andranno. Lo sappiamo adesso con certezza.
Con ogni probabilità ad andarsene saranno anche i francesi, però dalla moneta unica. Il presidente socialista François Hollande, il cui partito è precipitato a un deludente 14% dei voti, ha dichiarato che d’ora in avanti l’Europa dovrà puntare alla crescita e all’occupazione. Si è così prodotta una prima crepa all’asse Parigi-Berlino. Infatti i governanti francesi, da fidi valletti, avevano finora assecondato tutte le imposizioni della Kanzlerin, consentendole di sottomettere con facilità, a partire dal 2010, l’eurozona al Reich germanico.
La strategia tedesca in risposta alla crisi greca è stata chiara. Ha obbligato i partner dell’eurozona ad aumentare le tasse e ridurre la spesa pubblica, per strozzare le loro economie e peggiorarne le condizioni della finanza pubblica. In tal modo il flusso di capitali che dalla Germania si dirigeva verso gli altri paesi in cerca di migliori remunerazioni si è da prima bloccato e poi si è invertito. Gli altri governi hanno dovuto ingurgitare l’amaro tossico perché altrimenti sarebbero stati cacciati fuori dall’euro.
La cura ha ridotto in misura davvero sensibile il tasso di disoccupazione in Germania e lo ha accresciuto nel resto dell’eurozona. Sono stati in sostanza tutti obbligati a una severa austerità al fine di arricchire la nazione più prospera d’Europa. I francesi, alla lunga, si sono scocciati. Se pertanto il presidente Hollande non riuscirà nel prossimo futuro a contrastare il dominio teutonico, canterà il de profundis per sé e per l’euro.



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