sabato 23 febbraio 2013

Birra, grappa, cocaina e povertà - ultima puntata


Riassunto delle puntate precedenti
La sera del primo sabato d’ottobre Gregorio m’invita per il giorno dopo a pranzo perché cucineranno zuppa di pesce. Quando la domenica arrivo nell’appartamentino dei rumeni, oltre a vari ospiti, trovo in cucina il Bullo di Casacalenda occupato a impartire istruzioni a Ela.
In disparte il Bullo mi rivela che Ela e Gregorio non sono cugini e che fino agli inizi dell’anno lei lavorava in un night club di Vasto. Su ciò non esprimo commenti, gli dico invece:
«Questa ragazza ha una bambina di dieci anni e né lei né la figlia, nelle attuali condizioni, hanno un futuro. Tu vivi da sempre qui, a San Leonardo, un minimo di conoscenze ce le avrai, suppongo. Perché non provi a darle una mano? A trovarle un lavoro? Magari come domestica, come sguattera. Qualcosa così».
La sua risposta? Eccola:
«Io penso solo ai cazzi miei».

Ultima puntata
Alle due passate finalmente Ela servì la zuppa di pesce. Ci sedemmo così a tavola. O meglio, ci sedemmo ai due tavolini, quello rotondo e quello rettangolare, accostati davanti al divanetto e coperti da un plaid a mo’ di tovaglia.
Il Bullo di Casacalenda non si unì a noi, ci lasciò, sostenendo di aver partecipato la sera precedente a una cena pantagruelica e non smaltiva ancora l’eccesso di nutrimento ingurgitato.
Neanche Ela si mise a mangiare, almeno non subito. Se ne tornò nel cucinino a friggere per sé petto di pollo. Il pesce non le piace.
Quella zuppa, malgrado l’aspetto, a essere onesti cattiva non era. Riuscii a gustarmela con comodo in punta di coltello e forchetta, come piace a noialtri inguaribili borghesi, inzuppando di tanto in tanto il pane nella broda. Gli altri commensali pescavano – in fin dei conti si trattava di pesce – il cibo con le mani e lo innaffiavano a volontà con grappa e montepulciano.
Assaggiai anch’io un goccio di grappa. Era liquore casalingo. I rumeni a fine settembre lo avevano cioè illegalmente distillato dalle vinacce. Potabile, tutto sommato.
Ela, fritto il pollo, con il piatto sedette alla sinistra di Dana, a sua volta seduta alla mia sinistra. Iniziò a mangiare portando alla bocca i pezzi di carne con la destra. Mi spiava, mi accorsi, di sottecchi, sporgendo di tanto in tanto il capo in avanti. Facile intuire quali impegnative domande le frullassero in mente. Aveva paura che la cordiale confidenza tra lei e il Bullo, di cui ero stato fresco testimone, suscitasse in me una cattiva impressione. Doveva perciò inventare a tutti i costi qualcosa per porvi rimedio.
Al termine del pranzo e delle cospicue libagioni, a sera ormai incipiente, arrivò un omaccione di mezz’età. Era italiano e si distingueva per le spalle e le braccia vigorose. Inoltre, la voluminosa faccia rossastra e soprattutto la pancia erano tipiche di chi a tavola non teme rivali.
Era venuto a riprendere e riportare a casa la coppia di coniugi e la loro bambina, non avendo questi la macchina. Lo conoscevano tutti, capii. A Ela, stravaccata sul divanetto con il petto di pollo e svariati cicchetti di grappa nello stomaco, chiese evidentemente chi fossi, perché la sentii dire:
«Lui è l’amore mio».
Non mi scomposi, benché la notizia risultasse abbastanza stravagante, specie a me che ne ero del tutto ignaro. Nell’intimo però una domanda divertita me la rivolsi: ‘‘Ah, sì, e da quando?’’.
Ma fu qualche minuto più tardi che Ela si giocò il tutto per tutto, dichiarando ad alta voce – del resto ero seduto a una certa distanza da lei – affinché ognuno dei presenti udisse bene:
«Io voglio un figlio da te».
Stavolta non mi venne da ridere. La pena m’inibì qualsiasi spiritosaggine. Aveva abortito sì e no da un mese ma ricorreva a qualunque trucco per far di me un suo cliente, come d’altronde suoi clienti già erano Gregorio e il Bullo.
Non avevo scelta. Mi alzai e andai via, camminando tranquillo verso casa nella tiepida sera autunnale.

Il diciotto dicembre Ela e gli altri tre rumeni sono partiti per trascorrere in patria le festività di fine anno. Gregorio è tornato a San Leonardo la sera del sei gennaio. Da solo, senza la donna. Qualche giorno più tardi mi disse, sebbene nulla al riguardo gli chiedessi, che dopo di lui anche Ela era tornata. Lavorava adesso in un night di Larino, del quale il Bullo di Casacalenda è uno dei comproprietari. Come pure è comproprietario di un night di Vasto.
E con questo il cerchio si chiude.
(9 – Fine)

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