venerdì 24 ottobre 2014

Il barometro segna tempesta

Agli inizi di giugno 2014 la riunione del consiglio direttivo della Banca centrale europea fece esultare i cuori di tutti gli speculatori finanziari del globo. La riduzione del tasso ufficiale di sconto allo 0,15 per cento (abbassato ancora a settembre allo 0,05), decisa proprio in quell’occasione, e l’annuncio di nuovi prestiti a lungo termine alle banche a tassi dello 0,15 per cento, nonché la promessa di un robusto alleggerimento quantitativo (quantitative easing, nel limpido idioma di Al Capone; noi, se volessimo parlare come mangiamo, diremmo ‘‘operazioni di mercato aperto’’) diedero agli speculatori la certezza che nuova abbondante liquidità, buona per giocare in borsa, avrebbe presto inondato i mercati finanziari.
Si dava soprattutto per scontato che la Bce avrebbe anche avviato un programma d’acquisti di titoli pubblici emessi dagli stati dell’unione monetaria. Insomma la prosperità – per gli speculatori, si capisce, non per gli altri – era dietro l’angolo.
Le cose, però, non sono andate così. Con il consiglio direttivo tenuto i primi di ottobre a Napoli è arrivata la doccia fredda. Durante la conferenza stampa seguita alla riunione il tanto atteso acquisto di titoli del debito pubblico non è stato neppure menzionato dal governatore Draghi. Risulta evidentemente impossibile superare l’ostacolo insormontabile rappresentato dalla Germania, che si oppone a una tale misura.
Il panico si è subito diffuso tra gli speculatori e gli indici di borsa sono precipitati, mentre i rendimenti delle obbligazioni pubbliche hanno ripreso a salire.
A gettare altra benzina sul fuoco hanno poi provveduto voci relative a un cambio d’atteggiamento, rispetto all’euro, di Syriza, la formazione politica greca che alle lezioni europee di maggio ha attenuto in quel paese il maggior numero di voti. Se nei suoi programmi non rientrava infatti un’uscita dalla moneta unica, ma solo l’attuazione di politiche economiche anticicliche anziché procicliche come finora imposto dalla Bce, dal Fondo monetario internazionale e dall’Unione europea, sembrerebbe invece che Alexis Tsipras, capo del partito, in colloqui privati con i capi di governo europei e con Mario Draghi, abbia affermato di voler portare la Grecia fuori dall’euro e di ripudiare, almeno in parte, il debito di 240 miliardi contratto con il Fondo monetario e con l’eurozona per il cosiddetto ‘‘salvataggio’’ del suo paese.
Syriza, nei sondaggi, guadagna consensi mese dopo mese e poiché la probabilità di elezioni anticipate in Grecia è piuttosto alta, in quanto la maggioranza attualmente al governo dispone in parlamento di numeri appena sufficienti a tenerla a galla, la notizia sulla nuova posizione espressa da Alexis Tsipras, qualora dovesse rivelarsi esatta, provocherebbe il naufragio dell’euro e la conseguente corsa degli speculatori alle scialuppe. Vale a dire una fuga dai titoli di stato dei paesi in bilico dell’eurozona e l’impennarsi dei loro rendimenti.
Un fatto resta comunque innegabile. Se la Bce rimanda all’infinito l’acquisto di titoli di stato, la moneta unica non sopravvivrà a lungo.
Reggetevi forte, forse ci siamo.



Nessun commento:

Posta un commento