venerdì 22 agosto 2014

A Berlino il gelo arriva ad agosto

Il quattordici agosto 2014 l’istituto tedesco di statistica ha reso pubblici i dati congiunturali. Si è così appurato che nel secondo trimestre dell’anno il prodotto interno lordo della Bundesrepublik Deutschland, altrimenti nota con l’affettuoso nomignolo di ‘‘locomotiva europea’’, è calato dello zero virgola due per cento rispetto al trimestre precedente, flessione dovuta al contrarsi delle esportazioni e degli investimenti.
Il dato in sé non è catastrofico. Se la tendenza al rallentamento dell’economia tedesca dovesse però confermarsi anche nei mesi seguenti si aprono scenari davvero interessanti. In molti diranno infatti: «Te l’avevo detto io!», riferendosi a quanto da loro previsto quattro anni fa. Ossia che la crisi artificiale imposta dalla Germania ai paesi cicala dell’eurozona, costretti ad adottare politiche economiche procicliche per non farsi buttare fuori dall’euro, avrebbe presto o tardi danneggiato l’export tedesco.
Se il raffreddore dell’economia germanica dovesse perdurare, la graziosa Kanzlerin Angelina Merkel non potrà impedire alla Banca centrale europea di effettuare le operazioni di mercato aperto – o quantitative easing, nell’idioma di Al Capone – annunciate all’inizio di giugno dal governatore Mario Draghi. L’istituto d’emissione acquisterà cioè titoli privati e pubblici immettendo liquidità nel sistema.
Un’eventuale e paventata fuga degli investitori dalle obbligazioni pubbliche italiane, se la Bce ne sosterrà i corsi tramite acquisti sul mercato secondario, dunque non si verificherà e i loro rendimenti si manterranno bassi. Tutto ciò, se l’eurozona fosse un angolo di mondo libero e normale e non una quasi colonia tedesca, offrirebbe ai governanti dei paesi in crisi la possibilità di attuare politiche economiche anticicliche per favorire la ripresa e riassorbire così la stupefacente disoccupazione prodotta dalle dannose medicine fabbricate a Berlino e obbligatoriamente somministrate a tutti.
La ricetta per invertire il ciclo e puntare alla crescita è nota. Bisogna ridurre la pressione fiscale, aumentare la spesa in investimenti pubblici e tagliare quella corrente del tutto improduttiva (enti inutili, stipendi e pensioni d’oro, sperperi nelle amministrazioni centrali e locali). E’, a ben vedere, più o meno quello che l’ex sindaco Renzi, nostro attuale presidente del consiglio, cerca di fare. O almeno, dichiara di voler fare.
Ci riuscirà?
Sì, se il gelo sceso in agosto a Berlino durerà anche in autunno. E non accusatemi per favore d’essere cinico. Non è colpa mia se due più due fanno quattro.



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